
VERSO UN MODELLO TERRITORIALE DI INCLUSIONE SOCIO-OCCUPAZIONALE
È possibile strutturare un vero e proprio modello di offerta socio-occupazionale che sia territoriale, replicabile, sostenibile e rispondente ai bisogni della comunità? È stata questa la domanda al centro del tavolo di lavoro costituito all’interno del progetto SMART, che, insieme al progetto STEP, rappresenta una delle declinazioni del Programma di Intervento Territoriale Integrato presentato dal Distretto di Lecco, finanziato da Regione Lombardia sui Fondi POR FSE 2014-2020 Opportunità e Inclusione, di cui il Comune di Lecco è ente capofila per il Distretto di Lecco.
Ne abbiamo parlato con Raffaella Gaviano dell’Impresa Sociale Girasole, che ha guidato i lavori del tavolo e che ci ha raccontato quali sono gli obiettivi e quali passi si stanno compiendo affinché questo modello possa essere un vero e proprio dispositivo di lavoro sul nostro territorio.
Da che bisogno nasce il lavoro del tavolo socio-occupazionale?
Prima di tutto da un bisogno del territorio, in particolar modo delle persone e famiglie in condizione di vulnerabilità e disagio sociale. Dai dati del Servizio Educativo al Lavoro emerge che la platea di beneficiari è composta in particolar modo da persone over 50, di nazionalità italiana e fuori dal mercato del lavoro da lungo tempo. Sono cittadini con reti sociali molto povere, storie lavorative poco qualificate e una scarsa consapevolezza dei propri limiti ma anche delle proprie risorse. Spesso si tratta di persone nascoste, la cui condizione precaria è stata messa ancora più in crisi dalla pandemia. Anche per i cittadini percettori di Reddito di Cittadinanza, da un’analisi dell’equipe SIS, emerge un bisogno relativo a persone di età compresa tra i 50 e 60 anni, sole, spesso non conosciute dal Servizio Sociale di Base.
Per questo motivo ci è sembrato utile riflettere con metodo e serietà ad un modello che risponda in maniera più possibile diffusa ai bisogni di questa parte di comunità, partendo innanzitutto dalle esperienze già attive sul territorio, per cercare di evidenziare i fattori di efficacia, replicabilità e sostenibilità.
Quali sono gli obiettivi “di sistema” di questo lavoro e quali gli obiettivi per i destinatari del modello?
Si punta alla creazione di Poli socio-occupazionali diffusi, su base d’Ambito, che siano luoghi polifunzionali in cui poter svolgere attività socio-lavorative, culturali e socializzanti utili al benessere complessivo dei beneficiari. Per questi ultimi l’obiettivo è il consolidamento delle soft skill, sempre più indispensabili per affrontare il lavoro, aumentando la capacità di relazione e cooperazione all’interno di un team e favorendo la creazione di reti relazionali, che spesso, come abbiamo visto, sono totalmente assenti. Inoltre, come ben dimostrano le esperienze di CeSeA e la sperimentazione del Polo Brianza Ovest che utilizza lo strumento del TIS (Tirocinio di Inclusione Sociale), una delle finalità principali per le persone coinvolte in questo tipo di attività, è quella di ridisegnare almeno in parte l’immagine di sé, riconoscendosi come portatori di competenze spendibili per il bene della comunità (ad esempio rispetto al decoro urbano e in generale alla cura dello spazio pubblico, ma anche in attività di riuso/recupero di materiali in ottica di sostenibilità ambientale).
Questo processo di modellizzazione vede la partecipazione di soggetti esterni con competenze specifiche in merito?
In accordo con l’Ambito di Lecco abbiamo coinvolto Euricse, un ente di ricerca con cui già collaboriamo su diversi fronti. Si è avviato un percorso di ricerca che coinvolge soggetti del territorio attivi ed interessati all’area del socio-occupazionale (Comuni, Ambito, Cooperative di tipo A e B, Consorzio Mestieri), finalizzato a fare emergere gli elementi portanti dei modelli oggi presenti, gli snodi critici su cui agire in termini di dispositivi giuridici, organizzativi o procedurali per “mettere in sicurezza” quanto elaborato e migliorarne l’efficacia e l’efficienza, ma anche le azioni da intraprendere per favorire il riconoscimento del modello da parte di attori esterni. Il processo è organizzato in due fasi operative: una prima di analisi documentale e qualitativa, tramite interviste semi-strutturate con tutti gli operatori coinvolti; una seconda strutturata in un tavolo di lavoro, guidato da Euricse, in cui mettere a fuoco gli elementi portanti del modello condivisi da tutti i partecipanti (il senso, gli obiettivi, la struttura, l’organizzazione, la sostenibilità…).
Attualmente si sta lavorando alla seconda fase, con l’ipotesi di arrivare a settembre con la stesura di un rapporto conclusivo da restituire alla rete territoriale. Da lì in poi lo spazio si apre a concrete azioni di progettazione con i territori interessati, supportati da una più precisa definizione del modello e ad una eventuale più ampia interlocuzione per il riconoscimento/validazione del modello (Regione, Associazioni di categoria, ecc…).