
LA STORIA DI SARA: il motore del desiderio, la forza della rete
Dopo aver approfondito la cornice progettuale del Programma P.I.P.P.I. e tracciato le linee di sviluppo del prossimo triennio, abbiamo raccolto una storia, che ci aiuta a entrare nel vivo delle attività e soprattutto a rendere evidente come il successo di un intervento sia dovuto ad un approccio che punta all’emersione e valorizzazione delle risorse delle persone che compongono il nucleo famigliare, grazie ad una rete che sa “stare attorno” e sostenere senza mai perdere di vista la centralità e specificità della famiglia, sia dal punto di vista dei bisogni che da quello delle aspirazioni e desideri.
A raccontarci questa storia è Romina Papini, un’educatrice dell’Impresa Sociale Girasole e coach del Programma, che da anni si occupa di fragilità e disabilità, ma anche di accompagnamento alla nascita per la sua formazione come doula.
Sara è una giovane ragazza affetta da ritardo cognitivo, conosciuta dal servizio Tutela Minori per un percorso di affido iniziato in tenera età. Trentenne, rimane incinta dentro una brutta storia di violenza, da cui subito riesce ad allontanarsi; trova infatti un’altra persona con cui decide in gran velocità di sposarsi, ma con cui poi non riesce a stringere un vero legame, anche perché il nuovo marito ritorna quasi subito al suo paese d’origine. Sara si rivolge quindi al consultorio del paese, nutrendo una grande fiducia nei servizi e una ferma volontà di agire al meglio per la sua bambina. Da qui inizia il lavoro con lei, che fin da subito si caratterizza come fortemente innovativo, proprio perché l’intervento si rivolge a un minore non ancora nato, elemento di assoluta novità a livello nazionale per il Programma Pippi.
La rete si attiva e tutte le persone che ruotano attorno a Sara vengono coinvolte per capire come poter sostenere questa giovane mamma nel suo nuovo percorso di vita: c’è il consultorio, con ostetrica, psicologa e assistente sociale; c’è l’ospedale, con neonatologa, ginecologa, ostetrica e assistente sociale; c’è la famiglia affidataria di Sara, che accetta di essere “famiglia d’appoggio” (così vengono chiamate le famiglie che sostengono un nucleo famigliare all’interno del Programma); c’è il Comune con il suo servizio sociale di base e l’educatrice domiciliare.
Questa attivazione, resa possibile proprio grazie alla cornice progettuale di Pippi, permette di progettare insieme a Sara, passo dopo passo, tutti i passaggi necessari a far sì che possa fare la mamma a tutto tondo, decidendo l’approccio che più sente come proprio nella relazione con sua figlia. Da un’ipotesi iniziale di collocamento in una comunità mamma-bimbo, si passa ad un progetto che prevede un accompagnamento costante e continuativo nel primo periodo, garantito grazie all’impegno sinergico della famiglia d’appoggio, del Comune con l’attivazione dell’intervento domiciliare di Romina, del papà naturale di Sara, che convive con lei e la compagna; il tutto formalizzato con un vero e proprio “Patto Sociale” tra le parti, atto a tutelare il benessere della bambina.
Si cominciano così a socializzare le aspettative nei suoi confronti e iniziano ad emergere tutte le potenzialità di questa mamma, che riesce a prendere parola, a dire la propria e mettersi in gioco, con competenze e risorse inaspettate. Un esempio fra tutti quello relativo all’allattamento della piccola: sarà in grado Sara di allattare al seno la bambina? Per una mamma con queste fragilità è forse più semplice un allattamento artificiale? Ancora una volta, la decisione viene ricondotta a lei: Sara decide di voler provare ad allattare esclusivamente al seno e tutta la rete si attiva per creare le condizioni affinché questo momento possa essere vissuto in maniera serena… e Sara riesce, così, ad allattare la sua bimba per tutti i primi 6 mesi di vita!
Ma l’intraprendenza e la volontà di Sara di mettersi in gioco non finiscono qui. Piano piano, seguendo il suo percorso individuale di crescita, si creano sempre più spazi di autonomia e l’intervento educativo si rimodula sulla rilettura delle sue competenze genitoriali… finché Sara non decide che vuole ricominciare a lavorare. Un altro passo importante, che segna l’avvio di una nuova parte della vita di Sara e della bambina e che, ancora una volta, segnala il grande senso di fiducia che questa ragazza ha instaurato con la rete dei servizi. Sara sceglie una struttura che possa accogliere la sua bambina nelle ore in cui sarà al lavoro e viene sostenuta in tutto il periodo dell’inserimento; partecipa a iniziative e momenti di confronto e scambio con altre mamme al Centro per le Famiglie del Comune di Lecco e anche i momenti di “intervento d’appoggio” diventano in realtà “interventi di piacere”: Sara ha fiducia in se stessa, riesce a vedersi come persona autonoma e capace nonostante le sue fragilità, e percepisce questa rete fitta e ampia non come qualcosa di esterno, ma come parte della sua vita, che vive con gioia e gratitudine.
Una storia come questa, sottolinea Romina alla fine del racconto, rende evidente come sia fondamentale nella coprogettazione di qualsiasi intervento sociale tenere sempre al centro la persona, considerando i suoi bisogni ma anche e soprattutto i suoi desideri, e le potenzialità di un programma che riesce a inserire e guardare quella persona nel suo contesto di vita, in maniera flessibile e in continua evoluzione, connettendo tutti gli attori e aprendo a possibilità impensate… ma reali e concrete!