
LA STORIA DI SARA, CLARA, ALESSANDRO E GIACOMO
Niente come le testimonianze delle famiglie affidatarie conosciute dal servizio possono aiutare a restituire l’immenso valore di questa particolare forma di accoglienza e aiutarci a mettere sempre più a fuoco gli elementi caratteristici di un percorso di affido nella sua complessità e singolarità.
“Fare affido è un’esperienza che rende persone migliori”: è con questa frase che Clara e Alessandro, giovane coppia di genitori, entrambi lavoratori, iniziano il loro racconto su un’esperienza che ha sicuramente cambiato la vita della loro famiglia, sotto vari punti di vista.
“Sara era una bambina di 3 anni e necessitava tempestivamente una famiglia che l’accogliesse. Ci eravamo già interessati al tema dell’affido e avevamo appena terminato il percorso di conoscenza approfondita con il Servizio: ci piaceva molto l’idea di poter dedicare il nostro tempo ed energie anche ad altri. Nella nostra testa sapevamo che sarebbe potuta arrivare una proposta di affidamento di un bimbo o di una bimba, ma non ci aspettavamo una chiamata così immediata”.
Clara e Alessandro sono già genitori di un bambino di 9 anni, Giacomo e, quando arriva la chiamata, nasce il timore di non essere ancora sufficientemente equipaggiati per un’accoglienza e che la casa non sia abbastanza accogliente per la piccola Sara.
“La nostra casa era piena di macchinine, lego e Transformers in ogni locale, giochi non adatti ad una bimba così piccola. Ma non ci siamo fatti fermare da questo: abbiamo subito chiesto ad amici e parenti qualcosa che potesse rendere accogliente la cameretta della piccola. La solidarietà delle persone vicine a noi è stata incredibile e ci ha molto stupito: in pochissime ore la stanza si è colorata di tappeti e disegni e si è animata con peluche di ogni dimensione, giochi sonori e bamboline.”
La loro voce si riempie di commozione ricordando il primo incontro con la piccola, un momento che definiscono magico sia per loro che per il loro bambino. “Giacomo si è trovato improvvisamente fratello di una bambina la cui esuberanza spesso catalizzava l’attenzione degli adulti. In alcuni momenti è stato impegnativo gestire le emozioni contrastanti di nostro figlio, ma lui ha sempre chiamato Sara “la sua sorellina”. Ci è sembrato molto naturale il modo in cui, sin dal primo istante, ha realmente condiviso l’affetto e le attenzioni dei suoi genitori, ma anche i suoi spazi e le sue cose con la piccola Sara, pur mantenendo dei sani confini: ad esempio sulla porta della sua stanza ha attaccato un cartello con scritto Camera di Giacomo!”.
Sono trascorsi tre anni dal primo incontro e quest’estate Sara è tornata dalla sua famiglia di origine che, dopo aver vissuto difficili momenti di debolezza e fragilità, è riuscita a uscirne anche grazie alla professionalità ed esperienza degli operatori, trovando un importante sostegno per la ridefinizione delle proprie competenze genitoriali.
In questo tempo di lavoro e riscoperta di sé e delle proprie risorse, è stato fondamentale il sostegno di Clara, Alessandro e Giacomo, che si sono presi cura della piccola Sara aiutandola ad accettare la lontananza con i propri genitori e allo stesso tempo la vicinanza con la nuova realtà famigliare.
Le parole di Clara al termine del progetto di affido, sono molto significative, perché mettono in evidenza la continuità del legame, nonostante la temporaneità che caratterizza il percorso: “Siamo pronti a lasciare andare Sara, fiduciosi che la sua mamma e il suo papà hanno fatto degli importanti passi di crescita. Noi ci saremo sempre, anche se lontani, e saremo sempre un punto di riferimento per Sara e la sua famiglia. Quella casa che in un battibaleno si è riempita di lei e delle sue cose, ora è così silenziosa e in ordine. Pensate che Sara ci ha lasciato alcuni giochi e qualche piccolo oggetto, per rassicurarci del fatto che avremmo sentito meno la sua mancanza. Così “quando mi inviterete a dormire da voi, non mi devo portare tutto da casa”.