La Residenzialità Leggera nell’area della Salute Mentale

La Residenzialità Leggera nell’area della Salute Mentale

Cosa si intende per “residenzialità leggera”? Come si è sviluppata sul nostro territorio nel campo della salute mentale? Abbiamo affrontato questo importante tema con Alessandra Mazzei, Responsabile dell’Area territoriale della salute mentale della Cooperativa L’Arcobaleno, socia dell’Impresa, che dal 2004 è impegnata in questo settore.

Partiamo proprio da qui: cosa significa questa espressione? Da dove ci si è mossi per costruire questo tipo di servizio?
La residenzialità leggera parte prioritariamente dall’idea che la CASA sia un elemento fondamentale per la vita di tutte le persone e che possa essere centrale in processi di riabilitazione e in generale nel progetto di vita dei cittadini con disturbi di tipo psichico. Il bisogno di ripensare all’abitare di queste persone nasce però anche da evoluzioni di tipo storico rispetto all’approccio alla salute mentale, che ha visto una trasformazione importante a partire dalla Legge Basaglia 180/1978 e in tutta la legislazione successiva, nazionale e regionale, con la necessità di garantire un’abitazione ai pazienti che non fosse esclusivamente pensata all’interno di Comunità Residenziali, dove il lavoro riabilitativo clinico e sociale ha avuto l’esigenza di trovare soluzioni alternative e di offrire alle persone in cura la possibilità di tornare nei territori di appartenenza e riacquisire pieni diritti da cittadini. Residenzialità Leggera quindi perché tutelata e assistita, ma anche perché aperta, incentrata sull’autonomia e sull’autodeterminazione delle persone e resa possibile anche grazie alle interazioni e alle possibilità trasformative offerte dalla vita quotidiana.

Come è iniziato questo percorso e cosa c’è attivo al momento?
La Cooperativa ha iniziato a testare già dal 2004 questo tipo di approccio a partire da un progetto sperimentale denominato “Mattone Solidale”, all’interno di appartamento a Lecco e in accordo con i Dipartimento di Salute mentale dell’Ospedale di Lecco, per poi proseguire in questa direzione nel 2005 con degli appartamenti nel territorio di Cesana Brianza. Questa fase sperimentale ha permesso di scoprire tutte le potenzialità e quindi di arrivare ad una vera e propria messa a sistema anche a livello istituzionale, con una regolamentazione regionale, un processo di accreditamento definito e un riconoscimento del servizio riabilitativo a livello territoriale. Grazie al sostegno della Fondazione Cariplo e della Fondazione Peppino Vismara, attraverso il Consorzio Farsi Prossimo di Milano e nello specifico in partnership con la cooperativa Novo Millennio di Monza e la Filo di Arianna di Milano, si è riusciti ad allargare sul territorio lecchese e meratese gli immobili in uso alla Residenzialità Leggera. Alcuni Comuni del territorio, come Calolziocorte e Cernusco Lombardone, hanno messo a disposizione propri appartamenti e attualmente i “Programmi di Residenzialità Leggera” sono svolti in tutta la provincia lecchese: 12 sono quelli accreditati direttamente da Regione Lombardia con la Cooperativa, mentre 21 sono quelli in appalto a ASST e gestiti da L’Arcobaleno. È una rete di appartamenti che è andata ampliandosi nel tempo e che si appoggia principalmente su case messe a disposizione in comodato d’uso dai Comuni e ad alcuni immobili di proprietà della stessa cooperativa.
Importante anche il Protocollo di Intesa fra Distretto di Lecco (ambiti di Bellano, Lecco, e Merate) e ASST di Lecco per la promozione della Salute Mentale e per lo sviluppo di interventi integrati per l’inclusione sociale e lavorativa, che regolamenta la quota sociale giornaliera a carico del beneficiario del servizio ( 12 o 27 € giornalieri), e che può essere integrata con risorse del Fondo Sociale per la Psichiatria degli Ambiti distrettuali, in relazione all’ISEE.

Come viene costruito un programma di residenzialità leggera?
La valutazione dei pazienti, in carico ai CPS territoriali di competenza, è molto personalizzata e viene valutata anche la dimensione del luogo dove è ubicato l’appartamento e della coabitazione con altri soggetti: quest’ultima è sicuramente un’importante risorsa riabilitativa, ma necessita di un’attenta lettura del contesto e dei bisogni individuali, visto che le persone si troveranno a vivere sotto lo stesso tetto. Interessante a questo proposito anche la residenzialità che noi chiamiamo “di tipo 2” e che prevede una presa in carico più ampia per quanto riguarda l’assistenza garantita, come la pulizia, la gestione del pasto e anche il presidio notturno, per persone che hanno una situazione clinica tale da avere maggiori necessità di affiancamento nelle autonomie della quotidianità. Per questo tipo di intervento sono state messe a disposizione due villette entrambe sul meratese per complessive 13 persone, in collaborazione con i CPS del Dipartimento di Salute mentale di ASST Lecco. La necessità sarebbe maggiore ma occorrerebbe attivare risorse aggiuntive, ricercare strutture sugli altri ambiti distrettuali e permettere quindi di accedere a questa possibilità per una fetta più ampia di popolazione.
Rispetto ai contesti di vita, è fondamentale il lavoro che gli operatori fanno sul territorio: il dialogo con i vicini di casa, con il panettiere o il farmacista consentono di creare una rete attorno alle persone e far emergere anche possibili criticità o risorse inaspettate. Ma non solo: il viversi fuori da contesti sanitari “stretti”, come quelli della comunità, permette anche di lavorare sulla percezione dello stigma sociale: riuscire a uscire dalla dimensione di “paziente” per percepirsi più come cittadini, con una casa e una certa autonomia, è un traguardo importante e non scontato per tante persone.

Oltre alla residenzialità leggera, si parla anche di Housing Sociale nell’area salute mentale… quali differenze e prospettive?
La Residenzialità Leggera prevede programmi socio-sanitari, con una retta sanitaria erogata da Regione e una compartecipazione della persona nel versamento della quota sociale. L’housing invece prevede la costruzione di percorsi sociali, con la compartecipazione della persona e/o dei Servizi Sociale di base dei Comuni che le hanno in carico.
Le quote economiche dell’housing comprendono un contributo base, uguale per tutti, per i costi legati alla casa come utenze e manutenzioni, e un pacchetto di intervento educativo e multidisciplinare, declinato sui bisogni della persona, con tre diverse fasce di intensità (bassa, media, alta). Stiamo sperimentando questa forma organizzativa anche per le persone con disagio psichico, che si caratterizza come ulteriore step evolutivo nel percorso di costruzione dell’autonomia.